La parola etica, quasi certamente, è antica quanto l’uomo. Il termine, come lo conosciamo noi, è stato introdotto nella discussione filosofica da Aristotele che significava “comportamento”. In senso più ampio, e globale, l’etica racchiude tutte le riflessioni che hanno per oggetto i comportamenti attivo dell’uomo, e ai principi che li devono illuminare. Oggigiorno questa riflessione diventa sempre più urgente, perché nuove, anche se non del tutto, sono le questioni da affrontare: parità di genere, rispetto per l’ambiente, equità sociale, etc… Quando sistemi sociali come il nostro vacillano, anche i suoi valori tentennano, e aumenta la necessità di ricostruire nuovi parametri valoriali.

Il festival della fotografia etica di Lodi, da sempre, si inserisce in questa riflessione; mostrando come la fotografia possa essere una grande strumento di riflessione collettiva. Dal 24 settembre al 23 ottobre Lodi diventa il centro del mondo che cambia nella XIII^ edizione del Festival della Fotografia Etica. Grazie al lavoro di quasi 100 fotografi, e con oltre 20 mostre, e numerosi incontri con gli autori, possiamo davvero guardare storie, e riflessioni, che ci aiutano a comprendere sempre di più il nostro pianeta. Inoltre, quest’anno il festival ospiterà la tappa lombarda del World Press Photo.
Il centro propulsore del festival rimane il World Report Award – Documenting Humanity diviso in 5 sezioni visitabili a Palazzo Barni: la sezione Master presenta la storia del vincitore Felipe Fattipaldi, con il progetto Eustasy racconta gli effetti del cambiamento climatico in brasile, in particolare ad Atafona. Qui, caso unico al mondo, l’erosione costiera mangia letteralmente i piccoli villaggi. L’autore ha deciso di affrontare l’argomento in maniera decisamente personale, utilizzando la luce e i colori in maniera tale da enfatizzare il dolore delle situazioni. Menzione speciale va invece ad Alessio Mamo con il suo lavoro Uncovering Iraq, in cui ha seguito un gruppo di esperti internazionali per portare alla luce fosse comuni, create in tutte le guerre che hanno colpito il paese, per dare identità e dignità alle vittime. Un lavoro che arriva dritto al cuore e riflette sulla macabra ciclicità della storia. in Spotlight troviamo il lavoro della fotografa norvegese Line Ørnes Søndergaard, il suo progetto The Split – A Brexit Love Story, che ci racconta dell’impatto che ha avuto la brexit, e i suoi effetti a lungo termine. L’italiana Isabella Franceschini ha vinto la sezione Short Story con il suo progetto Becoming a Citizen; la storia di Michelle, una ragazza di 15 anni che è diventata la sindaca più giovane d’Italia. Una ricerca particolare che racconta un aspetto poco noto del nostro paese. Il tedesco Valentin Goppel ha vinto la sezione Student con il suo racconto corale Between the Years; una finestra aperta sulla gioventù tedesca durante la pandemia, mentre il Tom Fox ha vinto il single shot.

L’affascinante ex chiesa dell’Angelo ospita il progetto Vital Impacts; fotografi del National Geographic coinvolti da Ami Vitale ci mostrano la bellezza del nostro pianeta e il lavoro duro che molti uomini svolgono per preservarlo. Altro spazio che merita uno sguardo attento è quello di Palazzo Modignani, spazio stupendo che ospita Le vite degli altri, sei focus fotografici piuttosto particolari: Erika Pezzoli con Artemis, storia della giovane Carola che fa parte del 2% delle cacciatrici donne in Valle d’Aosta e che ha scelto di cibarsi quasi unicamente la carne degli animali che caccia; il cinese Xiangyu Long con TikTok in Kham, per scoprire come un video di sette secondi caricato su TikTok ha letteralmente stravolto la vita di un pastore di yak del Tibet, in una celebrità online nel giro di una notte trasformando il suo paese in una nota meta turistica la canadese Barbara Davidson con Valeries and Henry: Unhoused but Unbroken, la storia di due dei 65.000 senzatetto di Los Angeles, dal loro matrimonio all’ottenimento di una alloggio vero che, per assurdo, ha messo in crisi la loro relazione. Una storia che lascia sul volto dell’osservatore un riso amaro.

Il canadese Tim Smith con In The World But Not Of It, in cui ci porta a conoscere gli Hutteriti, un gruppo di Anabattisti pacifisti le cui radici risalgono alla riforma del XVI secolo e la cui cultura è preservata attraverso l’autosufficienza, grazie a un volontario isolamento dalla società; il russo Misha Maslennikov con The Don Steppe, uno spaccato molto realista di quella che è la vita nella steppa russa. Un racconto che, privo di stereotipi e pregiudizi, ci porta all’interno della Russia meno conosciuta. Infine, il francese Thomas Morel-Fort con Donna, a Filipina Life of Sacrifice, in cui cattura le vite dei lavoratori filippini senza documenti impiegati presso le case dei ricchi a Parigi e in Costa Azzurra. Uno sguardo commovente che cela una forte denuncia sociale e spinge ad una riflessione sul mondo del lavoro. Questo ed altro ancora attendono i visitatori, un appuntamento da segnare in agenda.