L’allestimento di una mostra d’arte è un processo complesso e affascinante che va ben oltre la semplice disposizione delle opere su pareti e pedane. È un vero e proprio atto creativo, un’opera d’arte a sé stante, che nasce dalla fusione tra visione artistica e competenza curatoriale. Un allestimento ben studiato può trasformare uno spazio in una narrazione tridimensionale che dà vita alle opere stesse. Attraverso un allestimento ben curato l’opera può prendere vita, facendo sì che i suoi messaggi e le sue emozioni si trasmettano in modo significativo all’osservatore, creando un legame profondo e duraturo tra l’arte e colui che la guarda. Andrea Isola, torinese di adozione ma sardo di origine, è un Exhibit Designer che lavora per fiere, fondazioni, musei, gallerie e artisti indipendenti in Italia e all’estero. Dal 2019 sulla sua pagina Instagram, attraverso l’hashtag #appuntidiunexhibitdesigner riflessioni e approfondimenti che riguardano il suo lavoro, e più in generale il mondo dell’exhibiton desing. Lo abbiamo intervistato per farci raccontare di più.

Ciao Andrea, il tuo Curriculum è pieno di una vasta gamma di esperienze. Quando e come nasce il tuo interesse per l’architettura?
Nasce sostanzialmente da quando ho frequentato il Liceo Scientifico e ho riscontrato un certo interesse verso il disegno tecnico rispetto ad altre materie. L’attenzione al dettaglio, la curiosità e la precisione con la quale svolgevo i compiti che mi venivano dati sono stati segnali che mi hanno avvicinato al mondo dell’architettura. E devo ammettere che poi, quando ho iniziato l’università, ho capito che stavo percorrendo la strada giusta.
Exhibit Designer: una parola che racchiude molteplici universi; ma cosa significa nello specifico e, soprattutto, cosa ti ha spinto a intraprendere questa strada?
Non sono un accanito di inglesismi, ma mi presento come Exhibit Designer per abbreviare “Architetto che progetta allestimenti di mostre e fiere d’arte” che potrebbe risultare un po’ lungo in certi contesti. Ho avuto la fortuna di fare le prime esperienze in ambienti fieristici e di mostre durante gli anni della specialistica, e al termine della Laurea in Architettura sono arrivato ad un bivio in cui ho capito che mi dava più emozioni e mi rendeva felice progettare mostre e fiere al posto di case, edifici o uffici. Le numerose esperienze pre Laurea mi hanno aperto gli occhi su cosa mi piacesse fare nella vita.

Cosa si nasconde dietro le quinte di una mostra?
Si nasconde veramente un mondo, di professionisti e di mansioni. Dai curatori agli exhibit designers, dall’ufficio stampa a quello della comunicazione, dai montatori agli addetti alle pulizie, dai trasportatori agli assicuratori, in linea con la grandezza della mostra, il numero di ruoli e personalità coinvolte è alto (e ci sarebbero da indicare ancora fotografi, social media manager, restauratori, coordinatori, ecc..).
Forse dall’esterno non ci si rende neanche tanto conto, ma se ci fate caso, quando entrate in mostra, in uno dei primi pannelli che trovate, sono indicati i nomi di chi ha partecipato e vi accorgerete di quante professioni necessita la realizzazione di una mostra.
Una persona inesperta da cosa può giudicare il buon allestimento di una mostra?
Qualsiasi persona, esperta o inesperta, che va a vedere una mostra, alla domanda “Cosa ti è piaciuto?” dopo un primo commento sulle opere e sull’artista, inconsapevolmente analizza sempre fattori riguardanti l’allestimento: le luci, i colori alle pareti, l’atmosfera che hanno vissuto all’interno delle sale e la facilità di lettura dei testi. Questo spiega come un allestimento ha il potere di valorizzare o rovinare una mostra.
Dai tuoi progetti, che pubblichi sul tuo profilo Instagram con l’hashtag #appuntidiunexhibitdesigner, emerge un’attenzione costante ad ogni singola fase del progetto. Quali sono, e come definisci, le tappe del tuo lavoro?
Le fasi di progetto di un allestimento sono diverse:
sopralluoghi
Riunioni con i clienti
Progetto definitivo
Riunioni con curatori e artisti
Progetto esecutivo
Rapporto con i fornitori
Organizzazione e presenza in cantiere
Per progettare una fiera o una grande mostra servono dei mesi di lavoro, anche perché, essendo un mestiere che necessita di una buona dose creativa, ci vuole il tempo necessario per ragionare, assimilare e smussare le imperfezioni.
È possibile individuare un elemento caratterizzante dei i tuoi lavori?
Ogni allestimento ha una storia a sé in base a tema di mostra, opere e spazio espositivo, quindi è difficile trovare un elemento caratterizzante. Però, prediligo disegnare allestimenti puliti e minimali, perciò potrebbe essere questo un fil rouge tra i miei progetti.
L’Italia ha una lunga storia nell’ambito degli allestimenti. Quali sono i tuoi punti di riferimento, e oggi a che punto siamo rispetto all’estero?
Uno tra tutti direi Carlo Scarpa, per il genio, l’attenzione al dettaglio e la creatività, fattori cardine se si vuole svolgere questo lavoro in maniera unica. Ma le ispirazioni vengono anche dai lavori di artisti e designer come Bruno Munari o architetti come Tadao Ando.
Parlo di exhibition design e allestimenti da anni con costanza su instagram e in questi anni ho notato tantissimo interesse verso la materia. Non che prima non esistesse questo mestiere, ci mancherebbe, ma c’era ancora parecchia confusione sul ruolo. Mi ricordo che all’inizio mi chiedevano se facessi l’allestitore, colui che monta fisicamente le mostre.
Negli anni però in tanti hanno capito l’importanza del progettista, riconoscendolo pubblicamente e ammetto che quando nei cataloghi delle mostre è citato l’exhibition designer mi fa sempre un grosso piacere. È capitato svariate volte di vedere esposizioni in cui non veniva assolutamente citato chi contribuiva alla progettazione dell’allestimento.

Pittura, fotografia e scultura richiedono approcci diversi?
Assolutamente sì. Se provassimo a pensare, ad esempio, anche solo a uno dei fattori cardine dell’allestimento, come l’illuminazione, l’approccio è completamente differente. Le sculture hanno bisogno di una luce che rimarchi le ombre per la tridimensionalità, mentre in fotografia, dipende dai supporti di stampa, bisogna far attenzione ai riflessi. Nelle opere pittoriche, invece, bisogna utilizzare un tipo di supporto luminoso che metta maggiormente in risalto il colore e la tecnica.
Con l’avvento dei social media sono emersi nuovi comportamenti e vocabolari, tra cui il termine più diffuso, “instagrammabile”. Quanto influiscono o possono influire i social media sull’esito di una mostra?
Un progetto di allestimento di mostra non lo si pensa in base alle tendenze del momento o per farlo piacere a tutti i costi al grande pubblico, ma ci sono dei passaggi da rispettare.
È vero però, che nel 2023 non si può fare a meno dal pensare che i social network siano una enorme pubblicità gratuita alla mostra. Perciò una cosa che faccio al termine di ogni allestimento, ad esempio, è quella di controllare l’effetto di luci e ombre anche attraverso la fotocamera del telefono e cercare di aggiustare fastidi e riflessi. Può sembrare una banalità, ma il 95% del pubblico fa almeno una foto all’interno delle sale espositive e non ci si può permettere di far finta di nulla.
Qualche anticipazione sui tuoi prossimi lavori?
Non posso ancora fare troppe anticipazioni, ma a Settembre inaugurerà una mostra di un importante artista italiano del ‘900 a Modena.