Dice Ferdinando Scianna, maestro della fotografia contemporanea, nonché narratore e creatore di notevolissimi aforismi: «Le mie immagini, e non soltanto quelle siciliane, sono spesso molto nere. Io vedo e compongo a partire dall’ombra. Il sole mi interessa perché fa ombra. Immagini drammatiche di un mondo drammatico.» Il tema dell’Ombra – da quella letteraria di Borges a quella visiva di Ernst Gombrich (Shadows – The Depiction of Cast Shadow in Western Art, pubblicato in Italia da Einaudi) – è un pilastro essenziale della Rappresentazione. Cast Shadow significa gettare l’ombra, l’ombra che è incorporea diviene reale, disegna le cose, nella pittura come nella fotografia.

Levi Matteo, esattore delle tasse prima della chiamata di Cristo, Apostolo, Evangelista, probabilmente mai esistito, è il protagonista di uno dei sublimi racconti, interni al racconto principale, nel Maestro e Margherita di Michail Bulgakov. Woland (Satana) apostrofa Levi Matteo, San Matteo: «Sii tanto cortese [Matteo] da riflettere su questa domanda: che cosa sarebbe il tuo bene se non ci fosse il male, e come apparirebbe la terra se non ci fossero le ombre? Le ombre nascono dagli oggetti e dalle persone. Ecco l’ombra della mia spada. Ma ci sono le ombre degli alberi e degli esseri viventi. Non vorrai per caso sbucciare tutto il globo terrestre buttando via tutti gli alberi e tutto ciò che è vivo per godere della tua fantasia della nuda luce? Sei uno sciocco».

Gofferdo Fofi, nel testo introduttivo al catalogo (Marsilio, 2018) della mostra curata da Denis Curti, Paola Bergna e Alberto Bianda e promossa e prodotta da Comune di Milano – Cultura, Palazzo Reale e Civita Mostre e Musei, scrive che il lavoro fotografico di Scianna lo fa pensare ad Hemingway e chiaramente a Sciascia, suo mentore ed esortatore. La Sicilia, che ha visto passare sul proprio suolo benedetto fenici, greci, romani, arabi, bizantini, normanni. La Sicilia di Pirandello, di Bufalino, di Antonello da Messina. La assonanza dei due cognomi, Scianna e Sciascia, che lasciano intravedere una comune matrice araba. Ferdinando Scianna è un uomo di cultura, un illuminista con l’animo arabo e spagnolo, un illuminista che lavora con l’Ombra e il dramma di un mondo drammatico.

Palazzo Reale gli rende omaggio con una grande mostra che sviluppa un racconto di oltre 200 fotografie in bianco e nero, stampate in diversi formati. Le sue fotografie parlano da sole. «Una grande mostra antologica come questa di Milano è per un fotografo come me un complesso, affascinante e forse anche arbitrario viaggio nei sessant’anni del proprio lavoro e nella memoria. Ecco già due parole chiave di questa mostra e del libro che l’accompagna: Memoria e Viaggio. La terza, fondamentale, è Racconto. Oltre 200 fotografie divise in tre grandi corpi, articolati a loro volta in ventuno sezioni tematiche. Questo tenta di essere questa mostra, un Racconto e un Viaggio nella Memoria. La storia di un fotografo in oltre mezzo secolo di fotografia. Il mio mestiere è fare fotografie e le fotografie non possono rappresentare le metafore. Le fotografie mostrano, non dimostrano.»