Televisione, Instagram, Facebook e quotidiani: su tutti i mezzi di informazione e di condivisone non si parla d’altro che di coronavirus. Fino a qui, niente di nuovo. Quello che colpisce è la macabra coerenza della comunicazione, che a reti unificate ha fatto una scelta di campo: mostrare al pubblico soltanto storie di morte, dolore, lutto e disperazione. Imbattersi nelle immagini di Francesco Faraci, fotografo palermitano e instancabile flâneur, provoca un immediato cambio di rotta e di percezione della realtà che ci circonda.

Le sue fotografie, scattate appena prima dell’entrata in vigore del decreto governativo che ha sostanzialmente chiuso l’Italia, ci raccontano uno scenario molto diverso da quello che siamo abituati a vedere in questo periodo e ci regalano una prospettiva di positività e di speranza. Faraci va decisamente controcorrente, a partire dalla scelta del bianco e nero, che solitamente viene utilizzato per drammatizzare un racconto e dargli un connotato austero. Nelle sue immagini, al contrario, il bianco e nero apre il paesaggio e offre una panoramica sull’orizzonte, mettendo in luce l’umanità dei soggetti ritratti.

Il suo stile è capace di fare emergere immediatamente una particolare definizione estetica sul tema coronavirus, capace di allontanarci dalla lugubre narrazione mortifera proposta dai media. Davanti a una situazione del genere – di estrema gravità e che non guarda in faccia nessuno – è facile scadere nella banalità e rischiare di essere superficiali: la sequenza proposta da Faraci invece sa muoversi naturalmente su un equilibrio sottile, dove il racconto si sviluppa con garbo e delicatezza. L’emergenza è evidente e si esplicita con le mascherine protettive e con la solitudine dei personaggi ritratti, ma sono i dettagli a riportare l’immaginazione sul piano umano: un gabbiano che vola in cielo, un bambino annoiato in compagnia della nonna, un ragazzo che osserva il mare e l’orizzonte.

Tra venti, cinquanta, cento anni resteranno i racconti di questa pandemia e di chi l’ha vissuta in prima persona: è importante – anzi fondamentale – lasciare ai posteri una traccia di umanità, per ricordare che anche nei giorni più oscuri della nostra generazione, siamo riusciti a prenderci una pausa dal dolore e abbiamo fatto entrare un po’ di luce.