La globalizzazione è quel processo mediante il quale mercati, sistemi produttivi, consumi e stili di vita si connettono, grazie a continui scambi che spingono verso l’integrazione tra le diverse zone del mondo. In un periodo storico segnato da cambiamenti di enorme portata, fra tutti la globalizzazione, la riflessione sull’identità culturale diventa centrale. Le nuove ipotesi di sviluppo umano e sociale stanno facendo vacillare non solo i concetti stessi di identità e cultura, ma la loro stessa natura. Nelle immagini di Moustapha Lamrabat, soprannominato ‘Mous’, fotografo marocchino-belga, le icone dei brand più famosi del mondo globalizzato, vengono rivisitate attraverso elementi che richiamano la sua identità culturale.

La messa in scena, presente in alcune immagini, conferisce al soggetto una statuaria imponenza, attranendo maggiormente l’attenzione dell’osservatore. Il lusso occidentale, in questo gioco di rimandi, si apre a nuove possibilità di visione una volta contaminato dalla tradizione orientale, generando così un universo estetico intrigante e surreale. Attraverso una buona dose di ironia e di provocazione i loghi, svincolati dal loro antropocentrismo occidentale, si fanno portavoce di un racconto nuovo.

Mous racconta: «In Marocco tutto è marchiato», citando i veli, le scarpe, i camion, le botti e tanti altri oggetti. «L’unica cosa che non è marchiata è il cibo». Alcune delle fotografie di Mous presentano gli iconici archi di McDonald’s e si potrebbe pensare che lui ne sia particolarmente ossessionato. Il motivo è presto spiegato: ha lavorato per la catena di fast food durante l’adolescenza e a ha preso in simpatia gli archi, che riproducono l’iniziale del suo nome. Non si tratta di branding o pubblicità, ma di un’esibizione della società contemporanea. Attraverso la fotografia, ci mette di fronte ai mutamenti prodotti dalla globalizzazione. Le sue immagini, seducenti e incantatrici, ci raccontano di quanto sia importante l’identità delle singole comunità e la rispettiva produzione culturale.

Moustapha Lamrabat nasce come interior designer, ma è con la fotografia che riesce a dare forma alla sua creatività. Si forma da autodidatta e, grazie a una macchina fotografica di seconda mano, viaggia, soprattutto in Marocco, convinto che la fotografia – quella che si colloca nell’universo poetico tra arte e moda – fosse la sua vocazione. «Ascolto il mio istinto. Non faccio altro. È il mio GPS», dice con sicurezza. Attraverso il mezzo fotografico, con le sue infinite possibilità, ha avuto modo di far incontrare le sue origini marocchine con la società occidentale. I pilastri della sua pratica artistica sono: il potere delle donne, l’insensatezza del razzismo e la bellezza dell’Africa. A volte, tutto questo, emerge in uno scatto.