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    Il lavoro di Délio Jasse ribalta i (dis)valori del conolonialismo italiano

    A partire da oggi va in mostra allo spazio Bidet di Milano un progetto che vuole ribaltare i ruoli, andando a riappropriarsi di una narrativa che è sempre stata raccontata da chi ha dominato il significato della storia

    Délio Jasse, artista di origine angolana, vive e lavora a Milano, città in cui porta avanti la sua ricerca sugli archivi: un lavoro lungo e impegnativo sull’immaginario coloniale, con un modus operandi che si fonda su principi di riappropriazione e di legittimazione. Jassé lavora su un archivio di materiale di origine coloniale, partendo dal recupero di foto acquistate online, comprate ai mercatini, o a lui donate. Il filo conduttore tra tutte le immagni è che sono fotografie scattate in Africa da coloni bianchi. Il lavoro dell’artista consiste nell’attribuire un nuovo significato alle immagini, andando ad alterare la loro forma visiva originale, con l’obiettivo di cambiarne la percezione narrativa.

    La fase iniziale del lavoro di Jasse consiste nell’intervenire in una meticolosa osservazione degli scatti; per depotenziare l’immagine visiva e darle un nuovo futuro, l’artista elabora le informazioni visive delle immagini in modo unico e personale, aggiungendo e togliendo informazioni laddove è necessario e andando a colmare l’immaginario comune del colonialismo italiano in Africa e dello stereotipo degli ”Italiani brava gente”. Questo lavoro ribalta i ruoli, andando a riappropriarsi di una narrativa che, fino ad ora, è sempre stata raccontata da chi ha dominato il significato della storia. Il tentativo di Jasse è quello di introdursi per la prima volta in una narrativa propria, mettendo in discussione la visione di eredità coloniale e restituendo con determinazione una visione anti-coloniale, ridimensionata e depotenziata. Jassé si esprime in modo semplice e diretto, con l’utilizzo di tecniche alternative come la Van Dyke Brown, la Cianotipia o la serigrafia, inserendo anche frammenti di parole e date, di documenti e timbri. Osservando con più attenzione, notiamo un utilizzo massiccio del timbri in molte delle sue opere. Qesti segni sono il racconto di una autobiografia, la denuncia che mostra come la vita di un uomo valga meno du un documento. Il timbro si fa simbolo di margninalizzazione, di permessi ingiustamenti negati per questioni di razzismo e segregazione, ma anche di determinazione nella costruzione di un futuro diverso.

    A partire da oggi il lavoro di Delio Jassè si può vedere allo Spazio Bidet, spazio espositivo di arte contemporanea che nasce nel 2018 in un ex WC operaio in un cortile privato, in via Giacosa 11. Lì si trova allestita una sua opera enorme, una stampa in cianotupiana, che, neanche a dirlo, rappresenta un’immagine che racconta l’immaginario di un paesaggio africano, in particolare quello eritreo, descritto dalla presenza di un enorme cactus e la presenza di un colone, in cui l’artista è intervenuto con un una scritta semplice e decisa, che rimanda ancora ai controlli dei documenti: anulado.

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