Amy Woodward è una fotografa di origini australiane che vive e lavora nel sud est del Queensland, terra dei nativi Gubbi Gubbi, popolazione aborigena della costa; il suo interesse orbita attorno la maternità e la vita familiare. Gli alti e bassi che si sono susseguiti dopo la nascita di suo figlio, la depressione post-partum e l’ansia sono stati i propulsori della sua ricerca. L’ intersezione tra identità di genere, sessualità, razza, stato socioeconomico e disabilità sono solo alcuni degli aspetti che plasmano la maternità nella sua interezza e che Amy Woodward desidera esplorare.
Le sue fotografie modellano il la maniera in cui lei vede e percepisce il mondo circostante e la aiutano ad interpretarlo dalle diverse prospettive. All’osservatore sta il compito di fruire della visione intima e privata della Woodward, cercando di immergersi nelle profondità della stessa connessione madre-figlio.

Fragilità e intensità emotiva caratterizzano il suo linguaggio: l’approccio che possiamo osservare è interno e spontaneo e la genuinità e la vulnerabilità dei corpi si mescolano sublimandosi verso un’estetica suggestiva e fortemente sviluppata. La luce accogliente, spesso filtrata dall’ambiente naturale circostante o dalle finestre, ci invita ulteriormente ad osservare e una volta entrati all’interno di ogni immagine, questa, lascia a noi l’interpretazione del racconto. Tuttavia, Il nodo delle sue immagini è di rendere visibile la fragilità della vita di tutti i giorni senza tralasciare la vivacità e la tenerezza del racconto. Una vivacità che toni e colori delle fotografie confermano e risaltano.

Con un approccio delicato ed estremamente empatico guarda le cose da vicino, la sua presenza è visibile solamente dal punto di vista con cui osserva la scena e celebra i particolari della vita quotidiana. Alternando ritratti spontanei e in posa, il suo lavoro risulta come inserito in un’atmosfera fiabesca. Gli scenari di vita raccontati e i protagonisti delle sue immagini richiamano un’estetica pittorica che lascia l’osservatore sospeso, come in una realtà impermanente.
