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    Le ferite luminose di Lorena Florio

    La sua fotografia, che riflette sull’esistenza, sull’uomo e sul tempo è una sorta di operazione 'kintsugi': ogni lacerazione riparata diventa unica e irripetibile, con la luce che si inserisce nelle ferite irregolari

    Il termine lacerazione indica, in senso generale, uno strappo violento, una rottura traumatica di un oggetto o di un tessuto. Scavando in profondità, spostandosi sul terreno psicologico emotivo, la lacerazione rappresenta un’esperienza dolorosa e straziante. Questo disfacimento di ideali, individuali e collettivi, comporta una totale riconsiderazione del nostro essere. Lorena Florio, classe 1996, fotografa laureata in Nuove Tecnologie all’Accademia di Belle Arti di Brera, nel suo progetto Lacerazioni, seguendo questo filone interpretativo, si addentra senza filtri sotto la patina superficiale dell’uomo, analizzando aspetti meno consueti dell’essere umano. Lorena racconta: «La mia ricerca visiva parte spesso da semplici elementi della realtà che vengono sottoposti a vari processi, sia fisici che digitali, nel tentativo di creare rappresentazioni senza vincoli spazio-temporali. Attraverso questi livelli di trasformazione del soggetto fotografato, cerco di scavare in profondità, chiedendomi cosa si nasconde realmente dietro le superfici che mi circondano, siano esse umane o meno».

    Lacerazioni © Lorena Florio

    Il lavoro Lacerazioni è strutturato attraverso una serie di immagini che, mediante la recisione eseguita manualmente dall’artista su tutte le fotografie, si pone come obiettivo quello di esaminare i rapporti tra un agente esterno – la luce in questo caso specifico – e il supporto dell’immagine. La fotografa aggiunge: «La lacerazione di luce, traccia una strada, un percorso che estendendosi sull’intero lavoro, può essere intesa come una sorta di nascita, ma anche come la lacerazione causata dallo scorrere del tempo, che inevitabilmente prende possesso dei nostri corpi e dei luoghi che abitiamo».

    Lacerazioni © Lorena Florio

    La fotografia di Lorena Florio in questa ricerca si avvicina, filosoficamente, all’antica arte giapponese del kintsugi. Quando un oggetto si rompe in mille pezzi, istintivamente siamo spinti a buttarlo via, talvolta con dispiacere. La pratica del kintsugi opera l’esatto opposto: ricompone l’oggetto, impreziosendo con l’oro le fratture, esaltandole come valore aggiunto. L’artista con la sua fotografia compie lo stesso procedimento: ogni lacerazione riparata diventa unica e irripetibile, per via della casualità con cui la luce si inserisce nelle ferite irregolari. Il lavoro di Lorena si configura come una nuova possibilità di riflessione sull’esistenza, sull’uomo e sul tempo, inteso come flusso incontrovertibile che opera e lascia traccia nell’esistenza umana.

    Lacerazioni © Lorena Florio

    Le fotografie che realizza, che traggono ispirazione dalla realtà quotidiana, vengono sottoposte ad un lungo processo di lavorazione sia fisico che digitale, con l’intenzione di esprimere il suo infinito universo visivo. È stata selezionata per le ultime tre pubblicazioni di Yogurt magazine Quarantine flavour, Bad Taste e Mojo flavour ed ha preso parte alla mostra collettiva New Talents 2020 curata da ‘PEP’  alla galleria B-part di Berlino. Ha recentemente pubblicato il suo primo libro Lacerazioni con SelfSelf books ed è stata parte della prima edizione di Charta: a Photo-Book Festival di Roma, curata ed organizzata da Yogurt Magazine. Attualmente vive e lavora a Roma.

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    Manuelaannamaria Accinno
    Laureata in Storia e critica dell’arte alll’Università Statale di Milano, amante dell’arte in tutte le sue forme, riserva un occhio speciale alla fotografia. Lavora con alcuni artisti contemporanei, scrivendo testi critici e curando esposizioni personali e collettive. Ha collaborato con Rolling Stone Italia e attualmente scrive per Black Camera.

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