La natura si presenta a noi come un mondo complesso popolato da entità che interagiscono fra loro, generando legami e strutture che convivono con l’uomo. La fotografia, insinuandosi all’interno di queste trame, può produrre un racconto visivo capace persino di disorientarci. Il fotografo canadese Tommy Keith, nel suo progetto To Hold This Mistery, ci mostra come il mondo intorno a noi può essere molto più sinistro di quello che crediamo.

Attraverso gli elementi formali della composizione dei suoi scatti – colore, illuminazione e prospettiva –, l’artista trasforma elementi ordinari della natura in visioni distopiche e sconcertanti. Le fotografie sono state scattate nelle prime ore del mattino e a tarda sera, momenti in cui la visibilità è fortemente ridotta. La luce artificiale, illuminando in maniera precisa ogni singolo dettaglio, altera la visione e la conoscenza delle cose.

In queste fotografie la natura non si piega a nessuna etichetta, ma rivendica la sua natura ambivalente. Steli, fiori cadenti, alghe, fuoco e ghiaccio rivelano la loro simbologia astratta. Questo lavoro, nella sua totalità, ci spinge oltre la soglia dell’apparenza e dentro un enigma prodotto dall’artista stesso tra elementi che, per forza di cose, devono relazionarsi perché inseriti nella stessa inquadratura. L’approccio fotografico di Tommy Keith conduce l’osservatore ad uno svelamento carico di stupore e introspezione. Il risultato finale sono immagini cariche di mistero e intensità, quasi delle apparizioni.

Già da bambino, Tommy Keith ha sempre passato molte ore all’aperto, ed è così che si è appassionato alla natura e ai suoi aspetti più mistici. Ad un certo punto la sua vita cambia: «Ho scoperto in tenera età di essere stato concepito in una clinica per la donazione dello sperma e, a quanto ho capito, non sarei vivo senza i moderni progressi della scienza», racconta. «Per questo motivo, ho sempre nutrito profondo rispetto per le persone che indagano i fondamenti della vita stessa, spesso sentendomi come il risultato di queste indagini. Non credo che capiamo la vita tanto quanto ci piace dirci, o che la scienza ci voglia dire, è più continuo a fare ricerche, fotografare e immergermi in questo enigma che chiamo vita, più domande ho».
