Ci sono cose che accadono solo quando devono accadere. Non recensiti è una di queste. Doveva essere un libro già negli anni Ottanta, ma poi tutto svanì e successivamente le scatole Agfa con stampe e negativi andarono disperse durante un trasloco. Evento tremendo per un fotografo, quando succede. Non importa se sono scatti che non verranno mai usati, quello che viene perduto non ritorna ed è sempre bruttissimo. Forte anche di quest’aura di mistero, negli anni gli intimi di Gabriele Basilico e Giovanna Calvenzi, sua moglie e curatrice di tutta la sua opera, sapevano di questi scatti epici ma anche che la possibilità che saltassero fuori era ormai remota.

Solo nel 2020, per puro caso, la scatola perduta viene trovata intonsa con negativi e stampe. A quel punto i segni erano chiari. Il libro andava fatto. Procediamo con ordine. Siamo alla fine degli anni Settanta e Gabriele Basilico, prima di diventare l’istituzione che poi è diventato, sperimenta vari campi della fotografia. A Rimini nel 1976 fa degli scatti al Lady Godiva ed è proprio nel periodo storico in cui l’avanspettacolo sta tramontando per essere soppiantato dai cinema a luci rosse che lui ne rimane affascinato. Era un mondo al tramonto, con qualcosa di trascendentale. Così, qualche anno dopo, a Milano Basilico decide di rimettere piede in altri strip club.

Nel suo obiettivo c’è già l’architettura, c’è già il banco ottico, solo pochi anni dopo uscirà il suo celebre Ritratti di Fabbriche che lo consacrerà in tutto il mondo e la sua ricerca prenderà una strada definitiva indirizzata al paesaggio, ma prima c’è un periodo di mezzo in cui l’occhio del reportagista mette in cantiere dei lavori strepitosi. Qualche anno fa alla Festival della Fotografia Europea di Reggio Emilia dominavano alcune sue foto nelle balere romagnole, un lavorone mozzafiato che ha visto la luce in libreria sotto al nome di Dancing in Emilia. Oggi, grazie a Humboldt Books, che già ha dato alle stampe alcuni fondamentali reportage di Basilico (Glasgow 1969, Iran 1970, Marocco 1971) possiamo esplorare i bassifondi dei night club milanesi e romagnoli. Possiamo dire che non recensiti è il lavoro più underground di questo grande fotografo, un libro che stupirà molti suoi seguaci che lo hanno cristallizzato come il ritrattista delle fabbriche. Il motivo è proprio il set: il night, quell’ambiente in cui i maschi si lasciavano (lo fanno ancora?) andare al peccaminoso, in cui quello che succede è secretato e al mattino dopo si manifesta con cerchi alla testa e sensi di colpa. Un ambiente che per una volta non ha niente di sconcio o degradato, in cui appare tanta leggerezza.

E quando si ritraggono delle spogliarelliste con leggerezza il merito è tutto del fotografo. Immaginatevi un giovane e barbuto Basilico che si presentava al Teatrino o al Godiva di fronte alle spogliarelliste mettendo le mani avanti, spiegando che scattava lavori di architettura, che appunto “ritraeva” le fabbriche (lo racconta il suo assistente di allora, Maurizio Zanuso, oggi grafico del libro). E loro, magicamente spiazzate, si sentivano assolutamente non minacciate e si concedevano in tutto e per tutto. Non so se avete mai frequentato un night, ma praticamente è impossibile scattare delle foto all’interno, specie con il consenso del personale. Basilico e il suo assistente come due alieni naïf si sono addentrati nel mondo della notte dominato da donne tigri, capezzoli giganti, clown, goffi presentatori che paiono usciti dai film di Fellini, bocche con qualche dente storto o mancante, moquette spelacchiate ma decorose e foto di Venditti sui muri. La gente fumava, la gente rideva, la gente si perdeva in una Milano che non esiste più e che se mai è esistita lo deve anche a scatti come questi.

Non c’è giudizio e non c’è ombra, ci sono tante persone in posa che lavorano illuminate dal flash in questi locali sotterranei o nascosti, in queste tane che accoglievano quegli spettacoli “non recensiti” dai giornali per l’appunto. Ci sono quelle che oggi chiameremo sex worker e che prima faticavano a togliersi il dispregiativo di “puttana” di dosso, c’è la voglia di staccare la spina e cercare un po’ di amore anche se a pagamento. E soprattutto c’è l’occhio di un grande artista che si muove in punta dei piedi, chiedendo permesso quando entra, facendo in modo con tanta gentilezza che a lui venissero aperte tutte le porte, riuscendo così a raccontare la magia della diversità. Definitivamente uno dei libri di fotografia più belli usciti quest’anno anche se siamo appena a metà.