Caroline Irby è una fotografa britannica con base a Londra. Le sue aree di particolare interesse sono l’immigrazione e i bambini. Ha sempre scritto e fotografato, a partire da 17 anni, con articoli sulle principali testate inglesi e internazionali. Il volume Someone Else’s Mother, pubblicato dall’olandese Schilt Publishing, è una riflessione sul complesso rapporto tra gli emigrati filippini, la loro famiglia e la terra d’origine.

«Sono cresciuta a Londra con una donna filippina di nome Juning, che aveva quattro figli suoi che vivevano su una piccola isola nelle Filippine a migliaia di chilometri di distanza. Il marito di Juning l’ha lasciata quando i loro figli erano piccoli e tutta la responsabilità finanziaria della famiglia è ricaduta sulle spalle di lei. Per diversi anni Juning ha lavorato come bambinaia a Manila, mentre i suoi figli erano accuditi dalla madre nella sua isola natale, Bantayan. Nel 1974, per necessità economiche, Juning ha deciso cercare lavoro all’estero. Quando è partita per Hong Kong, suo figlio piccolo aveva appena due anni».

«Nel 1976 la mia famiglia si è trasferita da Londra a Hong Kong, per via del lavoro di mio padre con una banca. Mia madre rimase presto incinta di me e, nella primavera del 1977, poche settimane prima che io nascessi, cominciò a cercare qualcuno che si potesse prendere cura dei suoi figli e della sua casa insieme a lei. Juning rispose all’annuncio e da quel momento lavorò per la mia famiglia per i successivi ventidue anni».

Crescendo, Caroline ha sempre saputo che Juning aveva dei figli. Il suo primo incontro con i figli di Juning è stato con il più piccolo, Roy, a Londra nel 1992. Successivamente Caroline ha fatto un viaggio a Bantayan con Juning durante le vacanze di Pasqua, al suo primo anno di università nel 1997, poi nel 2005 e, più recentemente, nel 2018 con i suoi figli.

«Da adulta e da madre, l’idea che Juning abbia vissuto separata dai suoi figli per tre decenni è dolorosa da immaginare. Non riesco a scrollarmi di dosso la sensazione di stranezza che le loro vite e la mia hanno portato avanti parallelamente per tutti quegli anni. La mia con la madre, la loro senza. Facciamo tutti parte della stessa curiosa equazione, e dopo decenni di convivenza parallela, ho voluto cercare di capire come tutto questo sia potuto succedere e quale fosse stato l’effetto sulle persone coinvolte». «Avevo bisogno di guadagnare di più» dice Juning. «I miei figli erano ancora piccoli e li ho affidati a mia madre. Mi ha fatto male quando li ho lasciati, perché ero così vicino a loro, e loro erano vicini a me, ma non avevo scelta: dovevo lavorare all’estero per garantire loro un’adeguata istruzione».

Ogni giorno circa 5.000 filippini lasciano il loro paese in cerca di lavoro all’estero. Attualmente ci sono circa 2,3 milioni di filippini che vivono al di fuori della loro nazione. In totale, ogni anno producono un indotto da 20 miliardi di dollari nell’economia filippina. Per decenni questo movimento ha visto come protagoniste le donne, che oggi rappresentano più del 70% degli emigranti filippini.

In Someone Else’s Mother, Caroline racconta la storia di Juning e mette a fuoco le vite dei bambini che ha lasciato, intrecciando attentamente queste storie con i suoi ricordi di un’infanzia trascorsa con la madre. «Ho sempre pensato alla mia famiglia, così lontana da me, e a come va avanti la mia vita in un altro paese» dice Juning. «E poi ho visto i miei figli: sono stata nelle Filippine per un mese, loro erano grandi e si ricordavano a stento di me».