di Maya Ben Frej
Solo in Italia noi donne rappresentiamo più della metà della popolazione nazionale; eppure, numericamente parlando, vantiamo un ruolo marginale nelle posizioni di responsabilità e leadership. Questi numeri mostrano che il tentativo di miniaturizzazione delle donne non si è mai realmente arrestato. I pregiudizi hanno radici profonde e ci raccontano di come gli stereotipi di genere siano ancora parte integrante della nostra società.

Se potessimo ribaltare questa situazione, cosa accadrebbe? Questo interrogativo ha spinto Ana Amado a gettare un guanto di sfida all’osservatore attraverso il suo progetto. Lideresas descrive una realtà inedita, una dimensione insolita alla quale non siamo abituati. La stessa Amado sceglie di costruire la sua analisi critica riproducendo immagini iconiche o comunemente riconoscibili di famosi leader maschili; lo fa però in chiave anacronistica. Il suo lavoro risulta diretto, limpido e dalla spiazzante semplicità. Il contraccolpo è forte e ci mostra elementi che spesso dimentichiamo di notare: ci ricorda dell’invisibile.

Le sue riproduzioni fotografiche spaziano dalla politica all’arte, passando successivamente alla religione, la scienza e così via. Ad aiutarla, “Las Lideresas de Villaverde”, un gruppo di donne anziane del quartiere popolare di Madrid che diventano le protagoniste delle sue fotografie interpretando a loro volta i panni delle iconiche Paula Picasso, Rachel Avedon o Alberta Einstein, per citarne solo alcune. Ana Amado volge il suo sguardo verso la disuguaglianza di genere nella realtà socio-politica europea e chiede provocatoriamente di riflettere giocando sull’ipotesi in cui, nella storica irrealizzabilità, le donne fossero al potere.

Questa realtà ha diritto di esistere più che mai e la fotografia, donandoci armi potenti come la consapevolezza, ci permette di avvicinarci a mondi che diversamente sembrerebbero molto distanti.