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    L’orrore dell’apartheid nelle fotografie di Ernest Cole

    'House of Bondage', pubblicato da Aperture, è un viaggio per immagini nell’apartheid in Sudafrica negli anni Cinquanta e Sessanta

    L’eterofobia, meglio nota come razzismo, indica tutti quei comportamenti avversi nei confronti di ciò che è altro da noi stessi. Benché la discriminazione sia sempre, in un certo qual modo, esistita, è solo durante il periodo compreso tra le due guerre mondiali, nel pieno sviluppo della società moderna, che il razzismo arrivò a definire una sua specificità concettuale. L’avvento della modernità, quindi, si presenta carico di ambiguità e paradossi; da una parte il progresso, il sapere e l’universalità, dall’altra emarginazione, estremo “nazionalismo identitario” e stermini. Alla fine il razzismo, al netto della storia, non è altro che un prodotto della umanità socialmente evoluta; proprio come scrisse Ian Kershaw nella sua opera Popular opinion and Political dissent in the Third reich: «Oggi la crudeltà, come la maggior parte degli altri aspetti del nostro mondo, è amministrata in modo assai più efficiente che in passato. Essa non ha cessato e non cesserà di esistere. Creazione e distruzione sono entrambe aspetti inseparabili di ciò che chiamiamo civiltà».

    Ernest Cole, Earnest boy squats on haunches and strains to follow lesson in heat of packed classroom, South Africa, ca. 1960s
    From House of Bondage (Aperture, 2022) © Ernest Cole Family Trust.

    Il Lavoro fotografico di Ernest Cole, (Sudafrica 1940 – New York 1990), ci ricorda quanto l’odio si superiore alla memoria e allo scorrere della storia. Per questo motivo APERTURE, fondazione senza scopo di lucro che dal 1952 si occupa a 360 gradi di fotografia, ha deciso di rieditare uno dei massimi lavori di Cole, House of Bondage, un viaggio per immagini nell’apartheid in Sudafrica negli anni Cinquanta e Sessanta. L’immaginario fotografico di Cole era fortemente legato, e influenzato, dalla politica segregazionista, e razzista, dell’apartheid, parola che in afrikaans significa separazione. Questa legislazione rimase in vigore dal 1948 al 1994, e colpì la maggioranza della popolazione nera e le etnie non bianche; queste vennero private dei diritti fondamentali per garantire la supremazia bianca.

    Cole, che in prima persona visse questa emarginazione, scattò immagini che mostravano senza filtri la violenza del razzismo istituzionalizzato. Per realizzare questo progetto trasse ispirazione dalla lettura dei saggi fotografici di Henri Cartier – Bresson. Nel 1966 Cole fuggì dal Sudafrica e portò via di nascosto i suoi negativi; House of Bondage fu pubblicato l’anno successivo con i suoi scritti e il suo racconto in prima persona. Questa edizione conserva gli scritti e le immagini originali di Cole, aggiungendo al contempo nuove prospettive sulla sua vita e sull’eredità di House of Bondage. Inoltre, contiene un capitolo aggiuntivo, scritto e intitolato da Cole “Black Ingenuity”, di fotografie mai viste prima dell’espressione creativa e dell’attività culturale dei neri sotto l’apartheid. Disponibile di nuovo più di cinquant’anni dopo, House of Bondage è, ancora oggi, un documento visivamente potente e politicamente incisivo.

    Ernest Cole, Untitled, South Africa, ca. 1960s
    From House of Bondage (Aperture, 2022) © Ernest Cole Family Trust.

    «…La fotografia è un mezzo molto giovane, e finora è l’unico mezzo di comunicazione universale. È il linguaggio di un solo mondo. Mai come oggi c’è stato bisogno di un linguaggio universale. Senza una lingua universale, la comprensione universale tra le persone è impossibile. E senza tale comprensione, le nazioni potrebbero distruggersi a vicenda a causa dell’ignoranza e della paura; odiamo, temiamo e ridicolizziamo soprattutto le cose di cui sappiamo meno. La conoscenza porta alla comprensione e la comprensione crea tolleranza e simpatia. Tutti impariamo gli uni dagli altri e da coloro che ci hanno preceduto, insieme all’eredità che hanno lasciato: conoscenza, arte, insegnamento e filosofia. Nessuna persona consapevole può non rendersi conto dell’enorme debito che ha nei confronti di coloro da cui ha imparato. L’unico modo per ripagare questo debito è preservare quella continuità che i filosofi africani chiamano flusso della vita, e aggiungere il proprio contributo al fondo comune. Come fotografo a cui il caso ha dato opportunità insolite, e profondamente consapevole del fatto che il mio successo è costruito sulle lotte degli altri, desidero realizzare questo libro per pagare il mio debito.»
    (Ernest Cole, 1968)

    Ernest Cole, Handcuffed blacks were arrested for being in white area illegally, South Africa, ca. 1960s
    From House of Bondage (Aperture, 2022) © Ernest Cole Family Trust.

    Il lavoro di Ernst Cole ci dimostra quanto urge la necessità di non considerare la fotografia come sola materia estetica, ma di farla dialogare con le discipline complesse quali la storia e la filosofia, per esempio. In questo contesto l’atto del creare, soggettivo ad ogni artista, non si limita ad una mera rappresentazione degli eventi e dei protagonisti della storia, ma divine occasione di indagine sull’uomo all’interno della sua dimensione storica.

    Ernest Cole (nato nel Transvaal, Sudafrica, 1940; morto a New York, 1990) è noto soprattutto per House of Bondage, un libro fotografico pubblicato nel 1967 che racconta gli orrori dell’apartheid. Dopo essere fuggito dal Sudafrica nel 1966, divenne una “persona fuorilegge” e si stabilì a New York. Collaborò con la Magnum Photos e ricevette un finanziamento dalla Ford Foundation per intraprendere un progetto sulle comunità e le culture nere negli Stati Uniti. Cole trascorse un lungo periodo in Svezia e fu coinvolto nel collettivo Tiofoto. È morto a quarantanove anni di cancro. Nel 2017 sono riemersi in Svezia più di sessantamila negativi di Cole, scomparsi da oltre quarant’anni.

    APERTURE

    Manuelaannamaria Accinno
    Laureata in Storia e critica dell’arte alll’Università Statale di Milano, amante dell’arte in tutte le sue forme, riserva un occhio speciale alla fotografia. Lavora con alcuni artisti contemporanei, scrivendo testi critici e curando esposizioni personali e collettive. Ha collaborato con Rolling Stone Italia e attualmente scrive per Black Camera.

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