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    Ma l’Intelligenza Artificiale è davvero intelligente?

    La riflessione di Mattia Baldi si domanda a quale punto di sviluppo sia arrivata AI e mette in relazione software e produzione artistica

    di Mattia Baldi

    Prima di tutto bisogna definire una cosa: quando e perché parliamo di Intelligenza Artificiale? All’attuale stato delle cose possiamo dire che si tratta ancora di un mezzo che ci porta determinati risultati, ma se fosse una vera intelligenza avrebbe coscienza di quello che vuole e lo creerebbe di sua spontanea volontà, mentre invece abbiamo a che fare con un software. Facciamo un passo indietro: l’AI non nasce ieri mattina. Negli ultimi anni sempre più società di software offrono tecnologia basata sui nuovi sviluppi dell’intelligenza artificiale. Alcune di queste aziende hanno persino chiamato i loro prodotti aggiungendo l’acronimo AI, come per esempio Topaz Labs con Sharpen AI, Denoise AI o Gigapixel AI o Luminar AI di Skylum. Altre aziende del settore fotografico come Adobe, Capture One o DxO utilizzano da tempo algoritmi intelligenti, ma senza l’aggiunta dell’acronimo AI. Tuttavia, oggi abbreviare Intelligenza Artificiale con AI sembra essere diventato un nuovo strumento di marketing e lo si vede un po’ dappertutto.

    Qualcuno potrebbe dire di non aver mai utilizzato un programma come quelli citati perché non è usanza da fotografo con la F maiuscola. Bene, allora pensate che quando le informazioni RAW vengono memorizzate come JPEG, il processo avviene tramite algoritmi di compressione standardizzati senza perdita di dati, che consentono di fare compromessi tra le dimensioni di archiviazione e la qualità dell’immagine. Quindi, ogni qualvolta state utilizzando una macchina fotografica digitale, c’è uno piccolo contributo di intelligenza artificiale che sta facendo un qualcosa al posto vostro.

    Chi ha avuto una qualche esperienza professionale nel campo del Photo Editing e Archiviazione, saprà che la gestione delle foto e la classificazione delle immagini sono fortemente influenzate dall’intelligenza artificiale e dall’apprendimento automatico. In queste aree è possibile identificare e classificare automaticamente volti o oggetti (ad es. cielo, sole, albero). Attraverso queste classificazioni, il software suggerisce in modo proattivo strutture di cartelle e tag di immagini. Quindi sfatiamo il mito che sia un qualcosa di nuovo, perché al contrario è in sviluppo dagli anni Cinquanta del secolo scorso.

    È vero programmi come Midjourney, Stable Diffusion e Dall-E sono diventati molto popolari da poco tempo grazie a delle recenti updates che rendono semplice il loro utilizzo, con conseguenti risultati veramente sorprendenti. C’è da chiedersi però come facciano questi programmi così sofisticati a creare le immagini. In breve: vengono recuperate delle immagini random dal Web e queste vengono assemblate come meglio possono. Noi inseriamo nel software delle parole chiave, chiamate Prompt, e il programma va a cercare delle immagini che sono state archiviate precedentemente con quel nome che corrisponde al promt. Una volta trovate le immagini richieste il software le comporrà sovrapponendole in base a quello che ha appreso dalle nostre ricerche precedenti. Tutto quello che avete inserito nel Web negli ultimi trent’anni va a finire in un grande centro di raccolta informazioni che AI utilizzerà per aggregare risposte alle nostre future domande. Ogni review di un ristorante e ogni fotografia delle vostre vacanze pubblicata su Facebook è di fatto quello che AI prenderà in considerazione se chiederete qualcosa come: «dove vado a mangiare se sono a Ischia?». AI proverà ad immaginare una risposta in base alle vostre azioni passate. Quindi: non compie azioni particolarmente intelligenti, anzi potrebbe riportare delle opinioni a cui non crediamo più o formulare una risposta senza tenere conto del contesto contemporaneo rispetto ai dati del passato.

    Ma non spaziamo troppo e torniamo a parlare di immagini. Aggregatore di immagini mediante comando scritto, questo è un programma AI applicato all’arte. Se nel Rinascimento si utilizzavano camere oscure e specchi per comporre insieme più scene su di un unico spazio, allora bisogna sfatare il mito ingenuo e romantico per cui Botticelli si sarebbe svegliato una mattina per dipingere da solo la Venere, facendo apparire il dipinto come per magia. Non è proprio così. La bottega di Sandro Botticelli era una vera e propria Production House in chiave rinascimentale che vantava decine e decine di allievi, assistenti, designers, orafi, sarti e architetti. Come in una produzione cinematografica odierna, ognuno aveva il suo ruolo specifico in base al suo talento e preparazione. Filippino Lippi e Jacopo Foschi uscirono dalla bottega del Botticelli per evitare di dover essere riconosciuti con la dicitura “Bottega di Sandro Botticelli, attribuito a …,” poiché si trattava di un lavoro corale e non personale. Addirittura in alcuni casi il nome del maestro era solo un mezzo per prendere grandi commissioni e di fatto il maestro non faceva che passare da un mecenate all’altro, cercando sovvenzioni e appalti con gli assistenti a bottega che producevano l’arte che oggi vediamo nei musei. Quindi: si trattava della sua arte o visto che è stato aiutato allora non è la sua? Le immagini venivano composte sulla base di immagini proiettate su di un pezzo di carta che poi ritagliato, che andava a comporsi con altri come un grande puzzle sulla tela finale. Come disse David Hockney nel suo libro Secret Knowledge: c’era tanto ricalcare, riflettere e comporre.
    Negli anni Settanta i pittori utilizzavano il proiettore di diapositive per comporre le immagini da dipingere e negli anni Ottanta si è cominciato a utilizzare il computer. Alcuni disegnatori di fumetti utilizzavano un tavolo luminoso, così da comporre immagini tratte da fotografie diverse per avere delle referenze visive da ricalcare sulle tavole che dovevano illustrare. Questo proiettare e ricalcare ebbe uno slancio in avanti quando le tavolette grafiche digitali incominciarono a essere più sofisticate e performanti. La possibilità di accedere al web, quindi ad una fonte infinita di fotografie e immagini e di poter comporre facilmente su di un monitor, per di più con una penna digitale, fece fare un balzo in avanti a tutta la qualità dell’illustrazione mondiale.
    Portali come Deviantart si cominciarono a popolare di lavori digitali quasi perfetti, illustrazioni che fino a poco tempo prima solo pochi al mondo erano in grado di dipingere. La possibilità di comporre, ricalcare e poi dipingere il tutto con pennelli di ogni tipo aveva portato in poco tempo una professione come l’illustratore quasi alla portata di tutti. Questo accadeva nei primi anni duemila, dove anche la tecnologia della fotografia digitale stava muovendo passi importanti. L’arrivo del digitale fu un vero e proprio sconquasso e portò a profonde riflessioni sul ruolo del fotografo.
    Deviantart, dove si trovano sia illustrazioni che fotografie, contiene oltre 358 milioni di immagini che sono state caricate sul portale dai suoi oltre 35 milioni di membri registrati (dati di luglio 2011). I membri di Deviantart possono lasciare commenti e critiche sulle singole pagine, consentendo al sito di essere definito un’applicazione a consenso popolare.

    Se vi dicessi che questa discussa AI che vince i concorsi di fotografia altro non fa che prendere delle immagini da Deviantart e mescolarle insieme? Ebbene sì, DevianArt e altri portali simili sono le banche dati da dove AI prende le immagini che voi avete richiesto mediante un Prompt. Le immagini sono state archiviate con delle meta tag, tag inserite manualmente o tag estrapolate dal sistema. Tutto ciò è regolato da un procedimento matematico e algoritmico che effettuerà sempre ricerche in base a quello che noi gli abbiamo detto di cercare e lo mischierà insieme, con un risultato a sorpresa.

     

     

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    In conclusione, l’invito che faccio è quello di provare una di queste AI, per esempio Midjourney, che si presenta come una chat di gruppo dove possiamo inserire le nostre parole chiave Prompt e poi delle immagini spuntano nella chat. Se ne sceglie una, dalla quale AI creerà delle varianti fino al risultato definitivo che è possibile scaricare e salvare. È una specie slot-machine, si inserisce la parola e si attende di vedere il risultato. Per ora quindi nel campo professionale non ha quasi nessun valore, poiché non fornisce parametri e risultati ben definiti. Il sistema peraltro ha un costo non indifferente, può arrivare a costare anche 60 $ al mese. Dove sta andando questo processo? Penso che per ora sia ancora un semplice “tool”, più che un androide dotato di coscienza che fa le foto al posto nostro.

    Mattia Baldi
    Classe 1983, è diplomato al Primo Liceo Artistico di via Ripetta e in pittura all’Accademia di Belle Arti di Roma. Conseguito un Master in fotografia in studio alla Scuola Romana di Fotografia e Cinema ed e’ fotografo professionista dal 2003. Mattia ha lavorato con agenzie pubblicitarie all’estero per quasi vent’anni (WPP, Saatchi, TBWA). Oggi con il suo studio si divide fra Parigi, Milano e Bangkok dove scatta campagne internazionali (Coca-Cola, Ford, AIA, Pepsi, Shell).

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