Dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989, con il passaggio alla democrazia e l’adesione alla NATO, buona parte dell’Europa Centrale si avviò verso un progressivo processo di smilitarizzazione. Gli eserciti, e tutti gli apparati militari, vennero notevolmente ridimensionati. Negli ultimi anni, tuttavia, stiamo assistendo a un pericoloso cambio di rotta. In Polonia, per esempio, la diffusione dei valori militari è ancora fortemente radicata all’interno della società. Ultimamente il numero di civili, a maggioranza bambini e adolescenti, iscritti alle organizzazioni paramilitari è più che raddoppiato, generando la nascita di un fenomeno controverso: la costruzione di campi militari per bambini.

Natalia Kepesz, fotografa polacca che vive e lavora a Berlino, ha deciso di raccontare la realtà di questi campi di addestramento. Il suo progetto Niewybuch getta uno sguardo attento e indagatore su un fenomeno in piena espansione. In questi campi, oltre all’apprendimento delle basi militari, i bambini e i ragazzi vengono, attraverso il gioco, letteralmente indottrinati all’obbedienza, al nazionalismo, al patriottismo e all’impavidità.

I ragazzi vengono sottoposti a sessioni di allenamento, sfidati fisicamente e mentalmente istruiti su abilità tattiche, sopravvivenza, autodifesa e topografia. Ovviamente viene insegnato loro a sparare, grazie all’utilizzo di fucili ad aria compressa e a volte con delle repliche di mitragliatrici e lanciagranate. Queste strutture vengono pubblicizzate come occasione di formazione del carattere e opportunità ricreativa.

Natalia Kepesz attraverso una fotografia schietta e intimista, con la serie Niewybuch, ci vuole mettere in guardia sulle possibili ripercussioni emotive e psicologiche che questo eccessivo culto militare può causare. Le immagini, grazie anche a una profonda attenzione estetica, risultano perturbanti. Natalia avvicina ogni soggetto con estrema profondità che le consente di immortalare immagini dal sapore atemporale, mettendo in luce una problematica celata dietro ad un sistema che pensa alla guerra come soluzione, senza badare alle conseguenze devastanti.