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    Paola De Pietri: il paesaggio vissuto

    Da anni Paola De Pietri indaga il paesaggio filtrato dal Tempo e dalla Memoria. In occasione dell’uscita di tre suoi libri, pubblicati nel 2021, l’abbiamo intervistata per parlare con lei del suo lavoro

    Da anni Paola De Pietri indaga il paesaggio filtrato dal Tempo e dalla Memoria. In occasione dell’uscita di tre suoi libri, pubblicati nel 2021, Spiriti. Otto fotografi raccontano Giancarlo De Carlo ad Urbino (Corraini Edizioni), da inverno a inverno (Marsilio) e Mille case per Bologna (Quodlibet), l’abbiamo intervistata per parlare con lei del suo lavoro.

    da inverno a inverno © Paola De Pietri

    Che cos’è per lei il paesaggio? Che cos’è per lei il paesaggio che fotografa?
    Lei mi parla di paesaggio, ed è giusto, perché molti dei miei progetti riguardano il paesaggio. Accanto a queste fotografie però ci sono anche i ritratti di animali o di persone e le fotografie di still-life. Personalmente non mi piace fare una distinzione netta tra i vari generi perché, per me, le fotografie incarnano una relazione con il visibile che non è fissata una volta per tutte. Delle cose che fotografo, e, quindi anche i paesaggi, l’aspetto mutevole che può dipendere dalla storia, dalla vita vissuta o più semplicemente dai cambiamenti atmosferici è quello che mi attrae maggiormente. Vorrei citare dalla prefazione di Il paesaggio e il silenzio di Eugenio Turri: «Bisogna dire che al paesaggio, in quanto riflesso del mondo e del suo mistero, l’uomo ha posto le prime domande sul senso del suo vivere e operare. Ciò in duplice modo: in quello filosofico, leopardiano, ed in quello positivo, scientifico, humboldtiano… I due modi, convergenti all’inizio del pensiero su di sé e sul mondo dei filosofi greci (che erano geografi e filosofi, fisiologi e teologi), poi divergenti ed apparentemente inconciliabili per secoli, sembra che oggi tornino a convergere. Si guarda al paesaggio per capire il senso delle nostre azioni che concretamente incidono sul mondo, e al tempo stesso per trovare delle risposte all’emozione delle albe e al mistero che i grandi paesaggi continuano a suscitarci. Tutto ciò nel senso che al paesaggio (in quanto mondo percepito, come nella teorizzazione di Merleau-Ponty) è riconducibile non solo il mistero del mondo ma anche del nostro essere al mondo, considerando che nel paesaggio c’è il segno di sé dell’uomo, del suo agire, del suo rappresentare e rappresentarsi.»

    Clinica Beretta, Mille Case per Bologna © Paola De Pietri

    Come la sua produzione fotografica e la sua poetica si inseriscono nell’importante tradizione fotografica che ha visto nell’Emilia Romagna uno snodo fondamentale?
    Nella nostra regione, l’Emilia Romagna, hanno lavorato e lavorano fotografi molto importanti nella storia della fotografia italiana, e non solo, che hanno tracciato un percorso che prima non c’era come Luigi Ghirri, Guido Guidi, Olivo Barbieri, Nino Migliori solo per citarne alcuni. A questo poi si aggiungono le numerose istituzioni pubbliche e private che si sono occupate o si occupano di fotografia come il MAST a Bologna, Fotografia Europea a Reggio Emilia, Fondazione Modena Arti Visive a Modena, il SI FEST a Savignano, lo CSAC Parma… Tra queste voglio ricordare anche Linea di Confine per la Fotografia Contemporanea che dal 1989, con rigore metodologico, ha avviato numerosi progetti di indagine sul territorio affidati ad autori italiani e stranieri come Michael Schmidt, Axel Hutte, Stephen Shore.. e i relativi workshop con studenti o giovani fotografi. Lo voglio ricordare, perchè io stessa nei primi anni Novanta a due laboratori con Luis Baltz e John Davis, che furono per me un’esperienza decisamente formativa. Oggi nel panorama italiano i workshop di autori importanti, ai quali uno studente o un giovane può partecipare, sono molti di più, ma alla fine anni Ottanta era certamente più raro, almeno in Italia.

    Clinica Beretta, Mille case per Bologna © Paola De Pietri

    La sua produzione fotografica ha sempre qualcosa di personale, coinvolge spesso anche la sua storia, le sue memorie. In un’immagine lei fa convogliare un tempo storico, un tempo del luogo e un tempo intimo…
    Sì, quello che lei dice penso sia giusto. L’aspetto personale può diventare una molla per pensare e cominciare un nuovo progetto. Spesso però, dopo una prima fase iniziale, il lavoro prende corpo in modo autonomo svincolandosi e allontanandosi dal punto iniziale.

    Cà Romanino, Spiriti © Paola De Pietri

    In Mille case per Bologna (Quodlibet, 2021) e da inverno a inverno (Marsilio, 2021) emergono due componenti care alla sua poetica: il tempo e la memoria dei luoghi. Ma sono due libri anche di “utilità civile”, che fanno rivolgere lo sguardo verso una possibile urbanistica partecipata. Ci racconta come sono nati e come ha proceduto nella loro realizzazione?
    Il primo dei due libri da inverno a inverno è sul paesaggio rurale dell’Emilia Romagna, un viaggio compiuto all’interno di un anno che va dal febbraio 2019 a gennaio 2020 seguendo il succedersi dei mesi. Il passaggio del tempo è evidentissimo e si è creato una sorta di ribaltamento perché il progetto, più di ogni altro fatto in precedenza, ha definito fortemente anche il tempo del mio anno. Per questo motivo il libro ha assunto la forma di un diario nel quale ci sono immagini di campi, di case, di strade, di incroci, di animali, di coltivazioni. Il paesaggio è mobile nel succedersi delle stagioni, delle condizioni atmosferiche e delle lavorazioni dei campi. Gli unici ritratti che ho inserito in questa serie sono quelli degli animali, che erano una volta i protagonisti delle campagne e i compagni indispensabili alla vita dell’uomo.  Nel libro Mille case per Bologna ci sono due serie di immagini, la prima realizzata nella ex clinica odontoiatrica Arturo Beretta e la seconda nell’ edificio di via Fioravanti 24 (XM 24), che sono entrati nel programma di edilizia popolare del Comune di Bologna. Entrambi i luoghi erano stati occupati dai centri sociali e anarchici e, poi, in seguito sgomberati. Sono rimasti ancora moltissimi oggetti, vestiti, mobili e tantissimo altro alla Clinica Arturo Beretta, mentre all’XM24 ci sono soprattutto i murales su tutte le pareti interne ed esterne dell’edificio. È evidente in tutte e due i luoghi una forte stratificazione di storie che sono state interrotte.

    Cà Romanino, Spiriti © Paola De Pietri

    In Spiriti. Otto fotografi raccontano Giancarlo De Carlo ad Urbino (Corraini Edizioni, 2021), in mostra a Palazzo Ducale di Urbino fino al 24 ottobre 2021, la sua fotografia ha dialogato con l’architettura di Cà Romanino. Come la sua poetica si è approcciata all’opera architettonica di Giancarlo De Carlo?
    Cà Romanino, progettata nel 1967, fa parte della fondazione omonima ed è ancora una casa e può essere abitata per 24 ore su richiesta. È una casa abitata e allo stesso tempo non è abitata perché tutto è rimasto com’era, a tutela dell’opera; anche qui il tempo è sospeso, interrotto. Le fotografie sono fatte in punta di piedi, per non disturbare l’equilibrio consolidato delle cose e degli spazi; mi sono comportata come un fantasma che entra nella casa, la attraversa ed esce.

    da inverno a inverno, design di Leonardo Sonnoli

    I libri Mille case per Bologna e da inverno a inverno nascono da due commissioni pubbliche, il primo con il Comune di Bologna e il secondo con l’Istituto Beni Culturali della Regione Emilia Romagna. A che punto ci troviamo, in Italia, per quanto riguarda il rapporto tra fotografia e Istituzioni pubbliche e per quanto riguarda la sinergia tra fotografia e pianificazione del territorio?
    Entrambe nascono da due committenze pubbliche fortunate per la cura e la sensibilità che le istituzioni hanno avuto nel proporre e seguire il progetto e non ultima la cura delle pubblicazioni che hanno generato oltre ad un sentire comune e condiviso. A livello istituzionale, e, mi riferisco anche al ministero della cultura, le committenze, i bandi e ultimamente anche le acquisizioni sono un segnale di maggiore attenzione alla fotografia e all’arte contemporanea in generale. Infine per rispondere alla sua ultima domanda credo che la fotografia, come anche la letteratura e l’arte in generale, hanno la possibilità di aprire delle finestre sulle cose, sul mondo nel quale viviamo attraverso piccoli scarti visivi che portano l’attenzione su aspetti o modi di sentire e vedere non sempre evidenti.

    Mille case per Bologna, esign CH RO MO

    LINK AI LIBRI

    Spiriti. Otto fotografi raccontano Giancarlo De Carlo a Urbino (corraini.com)

    Paola De Pietri, Fabio Mantovani, Allegra Martin – Mille case per Bologna – Quodlibet

    Da inverno a inverno – Marsilio Editori

    Spiriti, design di Leonardo Sonnoli

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