La questione della manipolazione, così ampiamente diffusa e a tratti preoccupante, non è scevra da aspetti spinosi. L’argomento poi si complica ancora di più quando si tratta di immagine fotografica: la fotografia, oltre a essere il più grande strumento per accumulare memoria, mette in atto operazioni di decostruzione della realtà. Un’immagine fotografica non può essere considerata una riproduzione fedele della realtà, bensì un insieme di molteplici e complesse riflessioni sul mondo esterno. Ricardo Miguel Hernández, nel suo progetto Cuando el recuerdo se convierte en polvo, sperimenta le infinite possibilità del documento fotografico e al tempo stesso indaga la mutevolezza del reale.

L’artista, intervenendo su fotografie danneggiate o mutilate, crea dei veri e propri collage fotografici. In questo procedimento, anche la più piccola macchia o rottura causata dall’usura del tempo o dall’azione umana, diventa stimolo creativo per l’artista. Fotografia e collage, i principali canali narrativi, non perdono la loro forza ma, al contrario, acquisiscono valore. Cuando el recuerdo se convierte en polvo per l’artista è un processo riflessivo in cui si combinano elementi empirici, psicologici e critici. Hernández, appropriandosi di una memoria ritrovata, ricontestualizza e riordina la storia immortalata sulla carta fotografica. I soggetti, che risalgono agli anni Venti e Ottanta del secolo scorso, sono in parte reali e in parte immaginari. Così facendo, ciò che ne risulta è una artificiosa foto-realtà. Pur nella loro varietà e al di là del soggetto specifico, queste fotografie seguono due importanti complessi tematici: vedere-riconoscere e realtà-percezione.

L’artista si considera come un archeologo visivo che opera tecnicamente su frammenti di realtà: una storia vera che viene riattivata attraverso un ribaltamento estetico che conserva il contesto ideologico, sociale, politico, religioso e familiare. Questo progetto ragiona in maniera profonda sugli aspetti fondanti della cultura cubana, che ancora oggi si diletta nella nostalgia e nel raggiungimento di un ideale tanto sorprendete quanto logoro. Attraverso l’assemblamento di paesaggi, ritratti, scene in costume o motivi astratti, Ricardo Miguel Hernández ci mostra come le storie individuali possano diventare tasselli di una storia collettiva.
Il documento fotografico, attentamente scandagliato e ricucito, ci offre la possibilità di ricordarci chi siamo all’interno della discussione artistica contemporanea. Nel momento in cui ci rendiamo consapevoli della manipolazione generata dall’artista, scopriamo ulteriori piani interpretativi, iniziando così il nostro vero confronto con l’immagine.

Ricardo Miguel Hernández è un artista cubano originario di La Habana. Ha studiato all’istituto Cátedra Arte de Conducta creata e diretta da Tania Bruguera e il suo lavoro è stato esposto in numerose mostre personali e collettive, quali: Grenze – Arsenali Fotografici a Verona e nella Fondazione Ludwig di Cuba a La Habana. Tra le mostre collettive si citano quelle realizzate al KAOS 3º Festival del Collage Contemporaneo di kranj, PHotoEspaña 2020 e 2019 a Madrid, FestFoto Brazil a Porto Alegre, Alegre, ESMoA El Segundo Museum of Art in Los Angeles, Foto 4 Caminos in México City, PAC Padiglione D’arte Contemporanea in Milano.