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    “Vette di Luce”. L’elogio della montagna all’Accademia Carrara di Bergamo

    Per celebrare il profondo legame tra arte e montagna, l’Accademia Carrara ospita un percorso espositivo che unisce passato e presente

    La montagna ha sempre esercitato un’importante influenza sull’arte e sugli artisti, passando da uno sfondo ad un soggetto centrale delle opere. Un esempio, tra i tanti, di come la montagna abbia influenzato l’arte risale all’epoca del Romanticismo, nel XVIII e XIX secolo. In quel periodo, i pittori romantici come Caspar David Friedrich in Germania e J.M.W. Turner in Inghilterra, tra gli altri, iniziarono a ritrarre le montagne come soggetti principali delle proprie opere. Questi artisti vedevano nella montagna un simbolo di sublime bellezza, evocazione di infinito e potenza della natura. Anche gli artisti contemporanei non sono rimasti indifferenti all’influenza della montagna. Ansel Adams, famoso per le sue fotografie in bianco e nero dei paesaggi americani, ha dedicato una parte significativa della sua carriera a ritrarre la montagna come soggetto principale. Le sue immagini dettagliate e precise delle montagne dell’Ovest degli Stati Uniti evocano un senso di imponenza e di tranquillità al tempo stesso. Yosemite National Park di Ansel Adams è un esempio iconico del suo lavoro. Questa fotografia cattura la grandiosità del paesaggio montano, con le vette che sembrano toccare il cielo e l’acqua che scorre delicatamente nel primo piano. Fotografie che hanno ispirato generazioni di fotografi che si sono cimentati in questo genere.

    Per celebrare questo legame così profondo, tra arte e montagna, l’Accademia Carrara di Bergamo ospita Vette di Luce, un percorso espositivo a cura di M. Cristina Rodeschini e Paolo Plebani, che unisce passato e presente. La mostra, visitabile fino al 3 settembre 2023, si struttura mediante due percorsi: Il primo prevede le fotografie di Naoki Ishikawa, sempre dedicate alle Alpi Orobie, esposte in 5 luoghi diversi nel territorio (Fra.Mar a Pedrengo, Castello di Malpaga, BGY Milan Bergamo Airport, Resort Belmont a Foppolo, Museo Etnografico di Schilpario). Queste mostre spin-off rappresentano il viaggio del fotografo giapponese attraverso le montagne bergamasche. Il secondo percorso comprende la presenza di 17 riproduzioni di capolavori della Carrara in 17 rifugi CAI della provincia bergamasca.

    La presenza di Naoki Ishikawa a Bergamo è stata fortemente voluta dall’Accademia Carrara, che ha commissionato al fotografo-alpinista giapponese un’indagine realizzata in tre campagne tra il 2022 e il 2023, per esplorare l’Alta Via e documentare in modo esperienziale il paesaggio, creando un profilo antropologico ed etnografico di questi territori. Come accadde quasi 150 anni fa con Vittorio Sella (fotografo-alpinista, 1859-1943), l’interesse per la narrazione della relazione tra l’uomo e la natura attraverso il paesaggio montano è stato rinnovato con questa spedizione. Lo spostarsi dalla città di partenza ai paesi e alle valli, incontrando animali lungo il percorso, è stato accompagnato da appunti e riflessioni che sono state documentate in una serie di immagini inedite. Il viaggio di Ishikawa è anche raccontato, in prima persona, in un documentario realizzato da Andrea Cossu, che viene esposto durante la mostra.

    Due opere d’arte contemporanea completano il progetto espositivo. Una di queste è la video-audio installazione intitolata “Ricordo di un dolore”, realizzata nel 2020 dal duo artistico MASBEDO, composto da Nicolò Massazza e Iacopo Bedogni, in prestito da GAMeC. L’installazione rappresenta un uomo che silenziosamente si arrampica verso la cima della Presolana, montagna che è stata anche oggetto di dipinti ottocenteschi esposti nella mostra. L’uomo porta sulle spalle una riproduzione del dipinto di Pellizza da Volpedo, un’opera appartenente alla collezione Carrara. Questo lavoro racconta la solitudine di un momento di dolore e la sua trasformazione in un’esperienza che si fonde con il paesaggio circostante. La seconda opera d’arte è intitolata La tana del Drago ed è stata realizzata nel 2023 da Matteo Rubbi, su commissione dell’Accademia Carrara per l’acquisizione dell’opera nella collezione. Questo lavoro è una ricostruzione immaginaria ed esperienziale delle Orobie, un viaggio che l’artista ha immaginato e poi fotografato, riproducendo montagne, fiumi, strade, paesi e città indicando i luoghi. Il risultato non è una mappa analitica, ma piuttosto un racconto visivo. Le montagne bergamasche sono sovrapposte a vecchi modelli di rappresentazione e alle nuove strutture del paesaggio urbano, come ville romane, porte di città, condomini, capannoni e industrie. Il titolo richiama l’immagine di una reliquia, la costola di un drago esposta nella chiesa di San Giorgio ad Almenno San Salvatore, all’imbocco della Val Brembana.

    Manuelaannamaria Accinno
    Laureata in Storia e critica dell’arte alll’Università Statale di Milano, amante dell’arte in tutte le sue forme, riserva un occhio speciale alla fotografia. Lavora con alcuni artisti contemporanei, scrivendo testi critici e curando esposizioni personali e collettive. Ha collaborato con Rolling Stone Italia e attualmente scrive per Black Camera.

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