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    «Voglio che Cortona diventi un appuntamento imprescindibile per gli amanti della fotografia»

    Lo dice Paolo Woods, direttore artistico del festival internazionale di fotografia Cortona On The Move, giunto alla sua XII edizione, aperto fino al 2 ottobre. Lo abbiamo intervistato

    Il Festival di fotografia internazionale nel cuore della Toscana è alla sua XII edizione ed è stato inaugurato lo scorso 14 luglio. Me, Myself and Eye propone una ricchissima programmazione di mostre, workshop e attività e rimarrà aperto fino al prossimo 2 ottobre. Per l’occasione abbiamo intervistato Paolo Woods, il direttore artistico di COTM che, con Veronica Nicolardi direttrice del festival, ha raccolto il testimone da Antonio Carloni e Arianna Rinaldo, rinnovando il programma del festival con nuove idee e aspirazioni. Lo abbiamo intervistato.

    Paolo Woods

    Prendere il timone di un festival così importante come quello di Cortona, dopo tutti questi anni di crescita e affermazione nel panorama fotografico internazionale, non dev’essere affatto semplice. Che impostazione hai dato a questa edizione? E rispetto al passato quali sono i punti di continuità e quali quelli di rottura?
    
C’è sicuramente un elemento di continuità e uno di rottura. Questo è un festival che conosco molto bene e che negli anni ho imparato ad apprezzare come visitatore e fotografo, avendoci anche esposto in passato. Cortona On The Move è stato costruito per otre dieci anni da Antonio Carloni e Arianna Rinaldo, che hanno creato un vero e proprio punto di riferimento per gli amanti della fotografia, lanciando il festival fino a farlo diventare un evento di rilievo internazionale. Da quest’anno provo a portare la mia esperienza, la mia sensibilità e le mie ossessioni; il festival fin dalla sua nascita è fortemente ancorato alla fotografia documentaria – ambito in cui anche io mi inserisco come fotografo – e io sto cercando di allargare questa definizione e intraprendere nuove sperimentazioni grazie anche al supporto di Veronica con la quale condivido questa visione. C’è inoltre da dire che, da quando è nato il festival 12 anni fa, sono cambiati molti riferimenti per la fotografia documentaria. Se prima la destinazione principale era la carta stampata, oggi non è più così: cambiano gli scenari e si aprono nuove strade. Il festival si propone anche come luogo di riflessione per affrontare queste tematiche.

    Me, Myself and Eye. Da dove nasce la scelta del titolo?

    Nasce da una canzone, una ballata di Billie Holiday intitolata Me, Myself and I, che ho volutamente storpiato, quindi I diventa Eye, l’occhio. Il festival offre una riflessione sul tema del punto di vista: il mondo della fotografia è stato molto investito da questioni relative alle dinamiche dello sguardo, in particolare fotografia documentaria, che come ho detto poco fa sta cambiando profondamente. Cerchiamo di riflettere su chi racconta che cosa, su quali son le latitudini e le zone di indagine; l’idea di questo titolo ruota attorno a questo e le mostre che proponiamo parlano proprio di come ci si rappresenta, di come noi rappresentiamo gli altri e di come noi veniamo rappresentati dagli altri.

    Organizzare un festival in questo periodo risulta complesso anche per la questione pandemica, che sembra superata ma ancora incombe come spauracchio: qual è la tua sensazione?

    Sicuramente l’obiettivo è quello tornare ai livelli di pubblico pre pandemia, provando anche a fare di meglio. Il pubblico è un elemento fondamentale per i festival, quest’anno ci siamo impegnati per portare a Cortona un grande team di lettori portfolio, c’è un po’ il gotha della fotografia, siamo riusciti a portare quasi tutti gli artisti in mostra, elemento molto importante dopo che ci siamo abituati a virtualizzare tutto. Penso che abbiamo davvero bisogno di vederci, parlarci, toccarci, per capirci meglio ed entrare in relazione gli uni con gli altri. Al di là dei giorni inaugurali, che hanno registrato una grande presenza di pubblico, è importante sottolineare che il festival resta aperto tutta estate, e Cortona è una zona molto turistica, così questa diventa anche l’occasione per parlare con un pubblico anche più largo rispetto ai soli amanti della fotografia.

    Ci racconti qualcosa sulla open call?
    Quest’anno abbiamo ricevuto più di 1500 progetti ricevuti, un numero altissimo che va a rimarcare importanza del festival a livello internazionale, perché sono arrivate immagini da ogni parte del mondo. Zed Nelson, fotografo inglese, ha vinto il primo premio con The Anthropocene Illusion, un lavoro bellissimo che affronta il tema della museificazione della natura. Devo dire che ho ancora gli occhi che lacrimano per la fatica, dopo aver osservato migliaia di portfolio, ma sono contento perché ho visto tante cose straordinarie, di grandissimo valore. Questa open call è molto radicata sulla fotografia documentaria, ma abbiamo ricevuto anche tanti lavori diversi, tante sperimentazioni.

    Hai già gettato le basi per prossimo festival?
    Sì, sicuramente ho delle idee e dei desideri, ma per il momento stiamo ancora concentrati su questo festival, a cui sto lavorando insieme a un team straordinario, che si impegna da mattino a sera, anche grazie all’apporto dei volontari. Questo gruppo di lavoro è molto ben saldato ed entusiasta, crede profondamente in questo festival e mi dà una grande gioia.

    Come può migliorare ancora questo festival?
    Vorrei che da questa edizione e dai prossimi anni Cortona diventasse un evento imprescindibile per tutti coloro che si occupano di fotografia. Questo accadrà soltanto se saremo abbastanza bravi ad aprire ulteriormente i nostri orizzonti e a essere ancora più internazionali.

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    Alessandro Curti
    Nato a Milano nel 1991, giornalista appassionato di arte contemporanea e di fotografia in tutte le sue espressioni. Socio di STILL Fotografia, con sede a Milano in via Zamenhof 11. Docente in Storia della Fotografia all’interno del corso di Fashion Design allo IED di Milano. Gia collaboratore e redattore per le riviste mensili IL FOTOGRAFO e N Photography (Sprea Editori) dal 2015 al 2019 e per Rolling Stone Italia, Lampoon e The Pitch.

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