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    Werner Bischof, precursore ante litteram

    Al MASI Lugano una retrospettiva imperdibile di un inedito Werner Bischof

    Dopo la grande retrospettiva di James Barnor della scorsa primavera, il MASI Lugano continua a seguire una sorta di specifico filone su autori che hanno fatto del colore la loro firma verso l’innovazione del linguaggio fotografico. Ma mentre Barnor in Ghana negli anni Settanta risultò un innovatore acclarato, Werner Bischof, alla fine degli anni Trenta, lavorava con il colore come un precursore all’insaputa di tutti, diventando così padre di molti di quei fotografi che ad oggi sono storicamente conosciuti come iniziatori della fotografia a colori come espressione artistica. Ci si ricordi ad esempio che Photographs by William Eggleston, retrospettiva di William Eggleston, prima mostra fotografica a colori del MoMA, è datata 1976.

    © Werner Bischof

    Il MASI, quindi, con la mostra Werner Bischof. Unseen Colour, al LAC fino al 2 luglio, offre al mondo la possibilità di fruire di una parte della storia della fotografia finora inedita. E l’inedito di Werner Bischof non risiede nei soggetti e nelle tematiche affrontate – al di là delle fotografie in studio e di moda, molti sono i reportage per cui Bischof era già noto come fotografo di bianco e nero – ma nell’uso del colore. Un elemento estraneo sia alla sua produzione fino ad oggi conosciuta e storicizzata, ma anche alla fotografia di quel periodo storico.

    © Werner Bischof

    Il lavoro del MASI, insieme a Marco Bischof, erede del fotografo svizzero, è stato, quindi, il risultato di una ricerca lunga e approfondita che ha dato un grande apporto alla lettura e alla conoscenza non solo dell’autore, ma anche della storia della fotografia. 
Questo nuovo Werner Bischof a colori è il risultato di una sorprendente scoperta ad opera di Marco Bischof, avvenuta nel 2016: il ritrovamento di diverse scatole appartenute al padre, risalenti agli anni Quaranta, con dentro centinaia di negativi su lastre di vetro, prodotti con la Devin Tri-Color Camera che utilizzava il processo della tricromia. Per arrivare, quindi, alla stampa esposta in mostra la ricerca tecnica e anche filologica è stata complessa ed ha richiesto una costante e attenta comparazione anche con altre produzioni a colori di Bischof, quelle ottenute con una Rolleiflex e una Leica.

    © Werner Bischof

    Ad arricchire le immagini in mostra, in un percorso immersivo e coinvolgente, anche le tre macchina fotografiche utilizzate. 
Se si analizza bene l’ideazione dell’esposizione si capisce, infatti, anche come essa sia stata pensata anche e soprattutto come vetrina tecnica, suddivisa non tanto per tematiche, ma come alfabeto tecnico-pratico di un pensiero creativo finora mai espresso e soprattutto mai visto. Un pensiero a colori che ha trovato la sua sussistenza autonoma rispetto alla produzione di Bischof in bianco e nero, e per questo doveva essere scandagliato ed indagato, per la prima volta e dalle sue basi, iniziando proprio dalle fondamenta tecniche.

    © Werner Bischof

    La riconoscibilità per formato e per macchina fotografica è, quindi, probabilmente il metronomo interno della mostra Werner Bischof. Unseen Colour, non tanto una narrazione reportagistica a colori del dopoguerra in Europa o dell’Estremo Oriente o degli Stato Uniti, o comunque non solo, ma una narrazione a colori del desiderio di sperimentare e trovare nuovi stimoli espressivi da parte di un autore che, grazie a questo magnifico ritrovamento, può essere definito come precursore di coloro che hanno fatto la storia della fotografia a colori. Osservando la varietà dei soggetti immortalati da Bischof viene da chiedersi anche se per lui fosse più importante il soggetto o la chance che quel soggetto gli dava per nuove prove e test con un colore che non aveva trovato ancora la sua strada artistica. Poi perché riporle a lato, rispetto alla sua consueta produzione in bianco e nero? Trattandole quasi come una vita segreta. Forse pensava che il mondo, soprattutto quello dell’arte e della fotografia, non fosse ancora pronto? Probabile, ma difficile a sapersi.

    È anche per questo, per questa dimensione latente in cui il materiale trovato da Marco Bischof giaceva, che la riproduzione delle stampe, così come sono state allestite in mostra, non è stata per niente facile. «Dovevamo trovare il linguaggio visivo, il linguaggio di quelle immagini» racconta il team che ha lavorato ai negativi e poi alle successive stampe. Un processo di elaborazione non solo materiale, ma anche quasi psichico, per non snaturare quello che era il pensiero visivo originale di Werner Bischof. 
Werner Bischof. Unseen Colour è assolutamente un tesoro nascosto imperdibile e c’è da chiedersi chi sarà il prossimo autore che il MASI Lugano tirerà fuori dal suo magico cilindro.

    WERNER BISCHOF. UNSEEN COLOUR
    12 febbraio – 2 luglio 2023
    A cura di Ludovica Introini e Francesca Bernasconi con Marco Bischof
    Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano
Sede LAC

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